“Per un bambino la famiglia è il posto più sicuro della terra. Oppure il più pericoloso”.
Pietro Gerber è uno psicologo infantile che utilizza l’ipnosi durante la terapia per facilitare il ricordo ed il superamento di traumi. È un giovane che ci appare solido e razionale. All’improvviso nella sua vita irrompe Hanna Hall grazie ad una collega australiana che gli chiede di poterla aiutare perché durante una seduta di ipnosi è emerso il ricordo dell’omicidio di un bambino.
Tra terapista e paziente è fondamentale una distanza che da subito sembra difficile da mantenere, per entrambi. Non è facile sbrogliare l’enigma. Hanna racconta tramite le sedute il suo passato nomade, il suo essere speciale ma nello stesso tempo reclusa alla socialità e tutto questo sembra non trovare alcuna attinenza con la realtà. Indagare su di lei non è facile ed è inoltre adulta, è un groviglio di fatti, pensieri ed emozioni sedimentate dagli anni che a questo punto delle cose non è facile districare. Inoltre, sibillina ed inquietante, questa ragazza sembra conoscere dettagli della vita di Pietro che sembra siano impossibili da sapere. L’inquietudine sale velocemente durante la lettura e le domande diventano incalzanti. La disfatta ossessiva di Pietro si insinua nei pensieri del lettore, che lo vorrebbe aiutare ed invece non può che essere velocemente coinvolto nel suo disorientamento.. L’autore gioca abilmente con la mente del lettore, insinua dubbi, angosce, ipotesi, senza confortarlo mai.
Un thriller psicologico ad altissima tensione che rinnova la maestria di Carrisi, la sua magistrale capacità di creare un giallo senza sangue, senza delitto, senza assassinio. Ma con delle ferite così insanabili e letali che non esiste orrore più incommensurabile di questo.